- Dalla pagina su Glitterbug di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Il produttore tedesco Glitterbug (Till Rohmann) ha creato una techno minimale disseminata di registrazioni sul campo e intrisa di scenografie elettroniche cosmiche su Supershelter (C Sides, 2008).
Il problema con questo tipo di musica per coloro che sono cresciuti con Giorgio Moroder e artisti del genere è che c'è ben poco sviluppo. Il compositore mette semplicemente in moto il meccanismo e poi si siede e si rilassa guardando le sue macchine ripetere il "trucco" per alcuni minuti.
Il doppio disco Privilege (c.sides, 2010) sembra una sorta di diario, come se ogni pezzo fosse destinato a evocare un luogo o un momento nel tempo. L'elettronica liquida e la batteria atmosferica di Waves, il ritmo marziale e sinistro e i droni delle maree di Calcutta, il convulso e metronomico Pink Sparks (Cave Edit), e il ritmo lounge-soul-jazz di Walk Me sono egregiamente riusciti. Il frenetico e intriso di ansia Cornered introduce persino una dimensione cinematografica. E, quando non c'è ritmo, la musica arriva molto vicino a compiere un miracolo di trasmutazione, come nei riflessi tremolanti della luce lunare di Blue Rift, che evocano Harold Budd. Tuttavia, a volte potrebbe essere troppo intimo e personale per il pubblico, e quindi alcuni pezzi indugiano in modo criptico senza comunicare molto, per esempio la musica new age del pezzo di apertura Lionheart (piano ambientale e suoni elettronici fluttuanti). In termini di pura ballabilità, Shake And Tumble è la traccia più attiva e la rimbalzante Blast è probabilmente la più inventiva in termini ritmici. Due dischi sono decisamente troppi per così poche pessime idee.
Rohmann ha continuato la sua missione di trasformare la techno minimale in uno strumento altamente espressivo (e quasi espressionista) in Cancerboy (c.sides, 2012), un'autobiografia toccante e melodrammatica. L'atmosfera jazzistica spesso accennata dalle composizioni precedenti emerge nel noir, narcolettico e glitch di To Guess. L'atmosfera cupa pervade anche lo psichedelico e tragico (e molto più propulsivo) Abyss, mentre le mutazioni di Passages e i tesi droni metallici di From Here On aggiungono un tocco metafisico. L'album presenta i soliti problemi: lunghe ripetizioni come Undertow e Don't Stop, che non arrivano da nessuna parte. Ma questa è sicuramente musica meno “minimale” rispetto a quella di un tempo. Il miglior groove dance è l'afro-tribale Those Hopeful Moments che è anche, ed è significativo, il pezzo più breve. La spettrale We'll Still Be Here Tomorrow è il finale appropriato per un album che non riguarda nè la dance nè il fatto di essere “minimal”: in realtà è un esperimento psicologico nel creare forti correnti sotterranee filosofiche prendendo a malapena appunti attraverso un cervello. E questo finale si conclude opportunamente con echi jazz di Miles Davis.
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