- Dalla pagina sugli Hunches di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Gli Hunches, originari di Portland (Oregon), sono eredi della gloriosa tradizione del garage-rock nord-occidentale.
Yes No Shut It (In the Red, 2002) è l'equivalente sonoro di una campagna di bombardamenti a tappeto. Lungo l'asse che collega i Sonics e i Wipers, gli Hunches ridicolizzano proprio l'idea di canzone rock.
Le loro "canzoni" frenetiche sono attacchi epilettici che evocano l'assalto degli MC5 alla civiltà umana (Murdering Train Track Blues), o i Cramps sotto steroidi (Explosion, Chainsawdomy) o una versione caotica degli Unwound (10.000 Miglia), o i Rolling Stones guidato da Howling Wolf (Hurricane), o una versione più depravata dei New York Dolls (Lisa Told Me) o i baccanali cow-punk dei Jason & The Scorchers (Let Me Be), o i Butthole Surfers con doppia dose di acido (Peeping Tom Crawl), o gli Stooges con Moe Tucker dei Velvet Underground alla batteria (Accident).
Il proiettile da un minuto di Got Some Hate è pura ferocia punk mentre Static Disaster mostra persino melodie antemiche. Un'enciclopedia virtuale di aberrazioni garage-rock tribali, dissonanti e letali nel corso dei secoli.
Un po' di quella furia barbarica del non prendere prigionieri si perde su Hobo Sunrise (In The Red, 2004), che doma canzoni come la lenta power ballad blues Droning Fades On, il melodramma Turkey Timer Pinnochio, la meditazione folk-rock "stonata" Nosedive, il viscerale punk-pop di When I Became You.
Metà dell'album corrisponde ancora al debutto in termini di disordine senza fiato e spudorato che evoca divinità underground come Cramps (Where Am I, Intellectual Hum) e Feedtime (lo straordinario This Human Propeller, I'm an Intellectual, l'estremo Too Much Adrenalina).
Si sciolsero dopo Exit Dreams (2009), che contiene la relativamente melodica Not Invited.
- Torna alla pagina sugli Hunches di Piero Scaruffi -