- Dalla pagina su Owen Pallett di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Dopo aver collaborato con Arcade Fire, il violinista e cantautore canadese Michal James Owen Pallett (Toronto, 1979) ha debuttato con il soprannome di Final Fantasy su Has A Good Home ( Blocks, 2005), una serie di spartane ninne nanne da camera da letto per lo più orchestrate per violino e tape loops à la Andrew Bird.
L'ambizioso concept He Poos Clouds (Blocks, 2006), che fonde musica pop e orchestrale, è basato sui giochi per computer. Canticchia dolcemente contro un'orchestra d'archi sincopata e una fisarmonica in The Arctic Circle. Gli strumenti ad arco nevroticamente barocchi di He Poos Clouds danno forma all'atmosfera drammatica di un kammerspiel. Il pianoforte sviluppa minuetti in stile pianola nella scenetta vaudeville di This Lamb Sells Condos, e più tardi un coro sfaccettato prende il sopravvento sulla narrazione come in un'antica opera greca. D'altra parte, la sua voce piena di angoscia domina in If I Were A Carp, con gli archi in disparte come mero corollario. Il movimento a spirale delle corde è rispecchiato dalla voce in Im Afraid Of Japan, ed entrambi alla fine affondano nelle sabbie mobili del subconscio. Duetto di percussioni con corde pizzicate in Song Song Song che sorprendentemente si evolve in una gioviale marcia gitana. L'elemento comico, o almeno infantile, che di tanto in tanto emerge è in primo piano su Do You Love?, una filastrocca in stile polka. Il ciclo si conclude con il maestoso adagio in stile Albinoni di The Pooka Sings, con Pallett che canticchia appassionatamente ma sussurrando.
L'accompagnamento degli archi è raramente grezzo. Per lo più, si rifà allo stile teatrale neoclassico di Stravinsky, che si adatta meravigliosamente al canto sommesso ma sincero di Pallett. Spesso raggiunge la qualità di uno schema "call and response" tra voce e orchestra, sia in un affascinante approccio domestico (This Lamb Sells Condos e Song Song Song) sia in un approccio severo simile a un lied (If I Were A Carp, The Pooka Sings).
Questo umile album fa sembrare Elvis Costello un pomposo dilettante.
L'opera rock metafisica Heartland (Domino, 2010) mostra un senso del ritmo più forte (grazie al batterista degli Arcade Fire Jeremy Gara), che è un mix di sensazioni. Keep the Dog Quiet è quasi interamente suonato su una base ritmica (in stile bossanova) (anche la voce). L'altro grande cambiamento è che gli archi sono integrati con strumenti a fiato molto rumorosi. I fiati e le percussioni si fanno sentire fin da Midnight Directives, una lussureggiante porzione di pop easy listening se non fosse per le decorazioni affollate. Idem per Lewis Takes Action, il cui leitmotiv cinematografico vecchio stile è continuamente dirottato da deviazioni sonore. L'allegro e rimbalzante Lewis Takes Off His Shirt è in tutto e per tutto musica da camera elettroacustica tranne che nel titolo, avendo fuso praticamente l'intera orchestra con le tastiere digitali, fino a un'apoteosi magniloquente. Se ciò non distraesse abbastanza, l'inno da chiesa The Great Elsewhere è ulteriormente alienato da effetti digitali nervosi e da un modello circolare minimalista di organo, ma in qualche modo trova l'energia per balzare in avanti in un crescendo frenetico. Poiché evita gli elementi orchestrali e ritmici delle altre canzoni, la ballata per pianoforte E Is for Estranged è quella che ritorna allo stato d'animo dell'album precedente. La voce mantiene il suo ruolo da protagonista in Red Sun No 5, avvicinandosi all'atmosfera solare e da spiaggia dei Beach Boys, in Oh Heartland Up Yours, la cui impalcatura è costituita principalmente da sofisticati eventi digitali e acustici, e nella vicina What Do You Think Will Happen Now?, un sussurro da camera da letto che imita il babytalk e viene affiancato da un'altra linea vocale, diventando così due canzoni in una.
In un album così pieno di suoni, i sette minuti di Tryst with Mephistopheles sembrano un'overdose. Strutturato come un bolero martellante interrotto alcune volte da corde pizzicate violentemente, conduce infine a un'elegia di tromba svettante dopo aver resistito a ogni sorta di manovra di pianoforte e flauto.
Rispetto all'album precedente, questo proietta la sensazione di un collage minuziosamente assemblato piuttosto che di un flusso spontaneo di suoni e voci. Che sia per caso o no, le melodie sono più forti e profonde. Ora il riferimento non è il pop orchestrale degli anni '60 ma il pop barocco dei suoi decenni (da Magnetic Fields a Rufus Wainwright).
Qualunque potere emotivo venga perso da una parte ritorna dall'altra. Ed è così che il numero di canzoni memorabili (The Great Elsewhere, E Is for Estranged, Lewis Takes Action, Keep the Dog Quiet) è maggiore qui che nell'album precedente.
Heartland è la controparte emotiva ed estroversa del gelido e austero He Poos Clouds, e viceversa.
In Conflict (Domino, 2014), d'altra parte, è un disastro. Non si è certi che la pesantemente sinfonica I Am Not Afraid debba essere una canzone o cos'altro: non c'è nessun ritornello e quasi nessuna melodia, il ritmo è banale e l'orchestra mette solo in imbarazzo se stessa. In Conflect, d'altra parte, si rifà chiaramente agli elementi kitsch più odiosi della musica lounge. I canti allegri On a Path e Song for Five & Six sono pop forse ballabili ma non esattamente rivoluzionari: abbiamo già ascoltato milioni di canzoncine synth-pop come questa. La seconda metà dell'album sembra abbandonare la lotta per generare una hit pop. Alcuni trucchi elettronici in Chorale e, almeno, uno stile vocale più umile in The Passions promettono più di quanto offrono, ma il sovralimentato The Riverbed riesce a trasformare il suo ritmo pneumatico in una vera e propria arma di crescendo di massa. I poliritmi orgiastici di Infernal Fantasy distruggono in modo appropriato l'unico maestoso ritornello dell'album. Ma anche gli espedienti più simpatici non riescono a risollevare l'album da uno stato di generale mediocrità. Per aggiungere la beffa al danno, il canto di Pallett è diventato fluido e raffinato come la voce di un aspirante cantante r&b di second'ordine. Gli arrangiamenti enfatici sono quanto di peggio si possa inventare per questo tipo di pop incerto. Brian Eno, che suona la chitarra e i sintetizzatori, avrebbe dovuto saperlo bene.
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