New Jersey's sextet
Titus Andronicus, fronted by singer-songwriter Patrick Stickles,
wed the emphasis of blue-collar rock with the anger of punk-rock
and the depression of emo-pop to produce the vehement and anthemic rants of
The Airing of Grievances (Troubleman Unlimited, 2008), half of which
had already been released as singles.
Their first single contained Albert Camus, a hysterical rant
with pounding drums,
and was backed with Upon Viewing Brueghel's "Landscape With The Fall Of Icarus", a pub-style singalong at boogie rhythm.
The second single, Titus Andronicus, is a more compact missile
in the tradition
of the most rocking Bruce Springsteen,
and was backed with the anthemic and soulful
Fear And Loathing In Mahwah NJ,
that could be Joe Jackson
covering Bob Dylan.
These are songs that take their time to unfold (two are six-minute long).
The impetus represents the core of the song, but the beginning and the end
are atmospheric in nature.
Another stately melody and a plaintive harmonica define Joset Of Nazareth's Blues, their calmest and shortest song yet, and
Another rock'n'roll frenzy propels Arms Against Atrophy: however, they
sound like pale imitations of the singles.
Echoes of boogie and jump blues of the 1950s blend with the
Modern Lovers in the new
single My Time Outside The Womb. The "revivalist" strand seems to have
a longer future than the "passionate" strand.
The eight-minute No Future Part One is a classic-sounding power-ballad
that is stretched a bit too much. The seven-minute No Future Part Two
speeds up the tempo and adds a shoegazing guitar, probably the most intelligent
idea of the whole album as far as arrangements go.
Titus Andronicus' Martin Courtney later formed Real Estate.
Meanwhile, Titus Andronicus'
The Monitor (XL, 2010), ostensibly a concept on the U.S. Civil War,
unleashed the
exuberant seven-minute pub singalong and acrobatic rock'n'roll of A More Perfect Union,
the concise punk-rock anthem du jour Titus Andronicus Forever
(to be honest, more like a faster version of the
Fleshtones),
the brief salon boogie orgy with wild saxophone of And Ever (that almost sounds like a cover of Bruce Springsteen's I Got A Crush On You),
the jovial hoedown with martial drumming of No Future Part Three,
and, last but not least,
the rousing melody at trotting rhythm of Richard II.
These songs have an immediate impact, relying as they do on the most abused
stereotypes of guitar-driven popular music.
Theme From "Cheers" tries something more original, if less immediate:
a nostalgic rant that continuously mutates, first using a folkish violin to
pretend a homely attitude, then delving into a mad acceleration, then
intoning a piano-driven waltz, and finally ending with a clownish square dance.
But obviously the album's main innovation is the propensity for lengthy pieces.
After the ritual pensive intro and manic charge,
the nine-minute A Pot In Which To Piss has time to
mock military tempos and majestic piano elegies.
Unfortunately, they don't have Ennio Morricone's knack for reinventing stereotypes instead of just abusing them.
Starting out with the lulling intensity of a religious hymn,
the eight-minute Four Score And Seven launches into a
grandiloquent fanfare followed by a dishevelled and bombastic country tirade.
The seven-minute To Old Friends And New even indulges in a piano-driven
slow dance with female backing vocals, something in between
Warren Zevon and
Gram Parsons.
The 14-minute closer The Battle Of Hampton Roads
packs all the boisterous energy and nonchalant passion of the previous songs
into a song that is basically one long nervous breakdown, but
boasting some of the best guitar counterpoint on the album and a curiously
self-parodistic bagpipe-driven requiem-like fanfare in the middle.
For all their over-reaching excesses, these gargantuan laments embody the
zeitgeist of their era better than any post-post-post-modernist act.
All of this has been done so many times since the
Clash and the
Pogues (both with more sincere desperation),
not to mention the galvanizing
Bruce Springsteen of the River,
that one has to wonder if it makes sense at all.
I guess it does for those who never heard the originals.
In the age of laptops and videogames it would be ironic if the
epoch-defining album were to be an old-fashioned populist concept performed
with traditional rock instruments at pre-electronic rhythms with quasi-military
pomp.
|
(Translation by/ Tradotto da Alessio)
I Titus
Andronicus, un sestetto del New Jersey guidato dal cantante e autore Patrick
Stickles, combinano l'enfasi del rock da colletto blu con la rabbia del punk e
le depressioni emo-pop per produrre antemici e veementi rantoli su The Airing
of Grievances (Troubleman Unlimited, 2008), la metà del quale era già uscito
sottoforma di singoli. Il loro primo singolo contiene Albert Camus, un rantolo
isterico su una batteria rullante, seguito da Upon Viewing Brueghel's
"Landscape with the fall of Icarus", un singalong da pub su un ritmo
boogie.
Il
secondo singolo, Titus Andronicus, è un missile più compatto, nella tradizione
del Bruce Springsteen più vigoroso, seguito dal profondo e antemico Fear And
Loathing in Mahwah NJ; potrebbe essere Joe Jackson che canta Bob Dylan. Queste
sono canzoni che si evolvono nel tempo (due sono di sei minuti); l'impeto
rappresenta il cuore, ma le introduzioni e i finali creano un'atmosfera dal
tratto naturalistico.
Un'altra
solenne melodia e un'armonica afflitta definiscono Joset Of Nazareth's Blues,
che resta la loro canzone più breve e quieta, seguita dal frenetico e
propulsivo rock'n'roll di Arms Against Atrophy: comunque, il loro suono sembra
una pallida imitazione dei precedenti singoli. Il nuovo singolo My Time Outside
The Womb è la fusione tra i Modern Lovers e gli echi di un saltellante blues
boogie degli anni '50.
La
visione "revival" sembra avere la meglio sulla visione "passionale".
Gli otto minuti di No Future Part One sono una classica power-ballad tirata un
po' troppo per le lunghe. I sette minuti di No Future Part Two, invece,
aumentano il ritmo e viene aggiunta una chitarra shoegaze, forse l'idea più
interessante, insieme agli arrangiamenti, dell'intero album.
Martin
Courtney dei Titus Andronicus forma anche i Real Estate.
Nel
frattempo esce il secondo album dei Titus Andronicus, The Monitor (XL, 2010),
un concept sulla guerra civile degli Stati Uniti; si apre con gli esuberanti
sette minuti di A More Perfect Union, un singalong da pub su un rock'n'roll
acrobatico; segue il conciso inno punk-rock di Titus Andronicus Forever (in
verità, più di una semplice versione velocizzata dei Fleshtones), la breve
orgia boogie da saloon con il sax selvaggio di And Ever (sembra quasi una cover
di I Got A Crush on You di Springsteen), la gioviale quadriglia con batteria
marziale di No Future Part Three, e, ultima ma non ultima, l'elettrizzante
melodia sul ritmo al trotto di Richard II. Sono canzoni dall'impatto immediato,
che fanno presa sul molto abusato stereotipo della musica popolare incentrata
sulla chitarra. Ma Theme From "Cheers" tenta qualcosa di più
originale, anche se meno immediato: un lamento nostalgico che muta continuamente,
prima attraverso un violino folk, quasi a volere un'attitudine casalinga, poi
deviando su una brusca accelerazione, e ancora intonando un waltzer guidato dal
piano, chiudendosi infine al suono di una danza clownesca. Ovviamente
l'innovazione principale dell'album è la propensione alle lunghe tracce. Dopo
il rituale contemplativo e la carica frenetica iniziali, arrivano il passo
militare e le maestose elegie di piano nei nove minuti di A Pot In Which To
Piss. Sfortunatamente non hanno le intuizioni di Ennio Morricone nel
reinventare gli stereotipi di genere, ma possono solo abusarne.
Partendo
con la stasi di un intenso inno religioso, gli otto minuti di Four Score And
Seven ci lanciano in una magniloquente fanfara seguita da una caotica e pomposa
tirata country. I sette minuti di To Old Friends And New indulgono ancora su
una lenta danza di piano con voci femminili sullo sfondo, a metà strada tra
Warren Zevon e Gram Parsons. La conclusiva The Battle Of Hampton Roads (14
minuti) racchiude la vivace e passionale energia delle precedenti canzoni in un
unico, lungo esaurimento di nervi, ma può forse vantare uno dei migliori
contrappunti di chitarra del disco, con il curioso intermezzo auto-parodistico
guidato da una cornemusa, una fanfara simile ad un requiem. Nonostante il loro
spingersi oltre gli eccessi, questi pantagruelici lamenti incarnano lo spirito
della loro era meglio di qualsiasi atto post-post-post-modernista. Questo è
accaduto altre volte in passato, dai Clash fino ai Pogues (entrambi con una più
sincera disperazione), per non parlare del galvanizzante Bruce Springsteen di
The River, una meraviglia da quel punto di vista. Invito ad ascoltare gli
originali, per chi non lo avesse fatto.
Sembra
quasi ironia della sorte se, nell'era dei computers portatili e dei
videogiochi, l'album che potrebbe difinire un'epoca è nato su un concetto
populista fuorimoda, suonato con tradizionali strumenti rock, mosso da un ritmo
pomposo quasi militare, pre-elettronico.
|