- Dalla pagina sugli Yakuza di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

Gli Yakuza di Chicago, guidati dal cantante e sassofonista Bruce Lamont, hanno inventato un tonante ibrido di doom-metal, death-metal, jazz-rock e post-rock su Way Of The Dead (Century Media, 2002). Vergasso è quanto di più disorientante si possa immaginare: un rituale "om" tibetano, un sassofono che imita le trombe buddiste, una pioggia di tam-tam e poi... una chitarra che sputa riff metalcore. Miami Device si apre con effetti di sax ma è per lo più un quasi-grindcore frenetico, pieno di ruggiti giganteschi ("soprattutto" perché continua a cambiare dinamica). Qua e là i contrasti lento/veloce e dolce/violento mettono in risalto la qualità teatrale di questa musica, in particolare su Yama e Chicago Typewriter. Le contraddizioni abbondano.
Lamont in realtà urla un ritornello melodico sulle fondamenta grindcore estreme di T.M.S. Obscurity è tutto rabbia, velocità e rumore, ma vanta anche le sonorità più jazz del sassofono. Ambizioni più forti emergono dallo strumentale puramente astratto Signal, ma dura solo due minuti. L'album è in gran parte occupato dal pezzo di 43 minuti 01000011110011. Un debole ritmo da bolero incanala l'ebbrezza psichedelica dei lamenti svolazzanti del sassofono, che si propagano come onde attraverso un vuoto etere. Il modello è Bitches Brew di Miles Davies, vecchio di tre decenni. I suoni del sassofono sovraincisi esplorano e mescolano timbri diversi, senza mai formare una melodia completa, senza mai forgiare una narrazione. Il brutto rumore della chitarra ribolle ma svanisce silenziosamente. Le linee di basso si trasformano con gli echi del sax.

Lamont in realtà ha cantato invece di limitarsi a urlare nel più elegante e vario Samsara (Prosthetic, 2006). Qui la formazione classica si è davvero fusa in un'unità organica, con il chitarrista Matt McClelland, il bassista Ivan Cruz e il batterista James Staffel, che forniscono più della semplice spina dorsale per le idee del leader. La traccia di apertura Cancer Of Industry mostra già una creatività ritmica prima di lanciarsi in una corsa senza fiato e senza senso. Solo la breve Just Say Know lo supera in termini di contenuto metal. E anche le esplosioni più ortodosse di ormoni metal mostrano più moderazione e classe rispetto al primo album. La chitarra racchiude sia l'implosione che la coda di Dishonor in modo altamente drammatico. La più lenta e melodica Plecostomus abbina una batteria costante a una forte chitarra distorta, quest'ultima fondendosi con effetti da studio che alla fine fanno deragliare l'intera canzone. Monkeytail si apre con un suggestivo fraseggio esotico di sax e presenta un lungo intermezzo strumentale. Allo stesso modo, 20 Bucks si apre con sax e percussioni da favola prima di scatenare la furia metalcore. La trance eccentrica di Exterminator suona anche un po' come Set the Controls for the Heart of the Sun dei Pink Floyd mescolata con un po' di energia alla Van Der Graaf Generator, e si chiude con un potente crescendo di fantasia poliritmica, chitarra con sfumature raga e una litania terrorizzata. Un altro soliloquio prolungato, Glory Hole, tiene la batteria sotto controllo anche quando il rumore della chitarra raggiunge livelli insopportabili. I nove minuti di Back To The Mountain ammettono la doppia personalità, alternando passaggi tranquilli guidati dal sax e brutali esplosioni di chitarra.
Assorbire l'intero album in una sessione è difficile: c'è così tanto da assaporare. In mezzo al sovraccarico sensoriale, l'anello più debole rimane la voce, mai veramente impressionante e talvolta addirittura tale da sminuire l'impatto complessivo.

Transmutations (Prosthetic, 2007) è stato il loro album più debole, suonando troppo spesso come un palese tentativo di attirare il pubblico di Neurosis/Isis. Il canto mesto di Meat Curtains alternato a improvvise esplosioni di black metal non è proprio credibile. Alcune canzoni suonano come un fallito pop-metal amatoriale (Perception Management, Zombies). L'unico pezzo che risalta, perché fondamentalmente diverso, è l'incubo gotico di The Blinding. Raus vanta un canto pulito e una ninna nanna folk, e tradisce l'influenza principale e più sincera di Lamont: melodia e melodramma alla King Crimson.

Il canto di Lamont (mai stata la risorsa principale della band) è diventato ancora più raffinato su Of Seismic Consequence (Profound Lore, 2010).
Gli Yakuza non sono mai stato al loro meglio nello scimmiottare Mastodon o Neurosis, e qui quegli impulsi sono ridotti al minimo. La traccia di apertura The Ant People suona come una continuazione di The Blinding. Il pezzo di chiusura Deluge suona come la colonna sonora di un corteo funebre. Nel mezzo l'album è per lo più occupato da due lunghe fantasie. Il sapore mediorientale di Be That as It May viene polverizzato dal rumore galoppante della chitarra della seconda metà ma migra anche nella melodia pop che continua a cavalcare quel rumore. Gli undici minuti di Farewell to the Flesh rievocano lo sfarzo dei King Crimson e, in generale, gli stereotipi del prog-rock.
L'interpretazione di Lamont e la performance della band sono spesso minime, quasi annoiate e indifferenti. Le esplosioni del metal (Stones and Bones su tutti) sono una distrazione, non un'attrazione. L'improbabile equilibrio tra energia viscerale e intensità eccentrica era la principale risorsa degli Yakuza. In questo album quell'album è rotto, lasciando alcune banali canzoni metalcore e lunghi prog-metal, con poco pathos e nessun ponte tra i due ambiti.

Beyul (Profound Lore, 2012) contiene gli otto minuti di Man Is Machine e si svolge nello stesso modo imprevedibile e caotico, in una maniera irregolare che presenta, forse, solamente un po più di melodramma prog-rock.


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