- Dalla pagina sui Chat Pile di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

Il quartetto dell'Oklahoma Chat Pile, guidato dallo urlatore Randy Heyer (alias Raygun Busch) il cui progetto solista Randy Rulz aveva già pubblicato I've Been Afraid of Changing Because I've Built My Life Around You (2016), Playtime (2018) e I Think We 're Alone Now (2019), ha debuttato con il contorto sludge metal dell'EP di quattro canzoni This Dungeon Earth (2019).
Riff schiaccianti incontrano testi grotteschi e talvolta sciocchi con abbondanti dosi di dissonanza in Face e magniloquente horrocore in Rat Boy. La migliore è il blues di Crawlspace che suona come un predicatore posseduto alla guida dei Blue Cheer o David Yow degli Scratch Acid alla guida dei Melvins.
L'impatto è in qualche modo mitigato nel secondo EP Remove Your Skin Please (2019), che, a parte l'esibizione di perversione di Garbage Man, è per lo più una recitazione indulgente da parte del cantante.

Hanno anche contribuito alla colonna sonora del film Tenkiller (2020), in cui recitava Rulz.

Il suono di God’s Country (2022) ricorda i giorni di gloria di Scratch Acid, Jesus Lizard, Unsane e Big Black (un'altra band che si abbandonava a storie di assassini e psicopatici).
L'album è un affresco, da far rizzare i capelli, della realtà in agguato dietro il "sogno americano", e allo stesso tempo la cronaca del crollo mentale del narratore, il tutto intriso di un senso claustrofobico di apocalisse imminente.
L'album si apre con una delle canzoni più deboli, la fintamente maestosa Slaughterhouse, prima di entrare nell'agonia della disperazione con il goffo sermone di Why, su riff soffocanti, linee di basso gotiche e ritmi di batteria doom, l'archetipo per la virulenta valanga sonora di Wicked Puppet Dance, per la carica ritmica maniacale, squilibrata e abrasiva, ispirata al thrash, di Tropical Beaches Inc, e per il cinematografico The Mask.
Allo stesso tempo, Pamela opta per un suono più semplice e meno estremo, una ballata noir che si trasforma in un kammerspiel carico di angoscia. Anywhere è ancora più mutevole, prima un discorso verboso alla Henry Rollins, poi la musica quasi si ferma, e poi un tipico freakshow alla Big Black. Non è una coincidenza che il pezzo parlato I Don't Care If I Burn sembri simile, nella struttura, a The End dei Doors: quello che viene dopo è il crollo finale dei nove minuti di Grimace_smoking_weed.jpeg, che consiste tutto in orribili urla espressioniste e riff di basso massicci.


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