Dalla pagina di Jpegmafia di Piero Scaruffi
(Translation by/ Tradotto da Francesco Romano Spanò )

Il rapper di Baltimora JpegMafia, pseudonimo di Barrington Hendricks, fece quattro anni di militare e visse per qualche tempo in Giappone. Cominciò la sua carriera rilasciando cassette di stampo sociopolitico (in particolare sul razzismo) come Communist Slow Jams (2015) e Darkskin Manson (2015).

La cassetta Black Ben Carson (2016) è diviso in due lati. Il lato "Nigger" è quello politico, rabbioso e terrorista. Si apre con due manifesti esistenzialisti: Drake Era (recitazione informale e colloquiale avvolta in elettronica horror cinematografica) e Jpegmafia All Caps No Spaces, (ritmo spastico immerso in un'atmosfera industriale a livello dei Nine Inch Nails). L'incubo diventa ancora più oscuro con la nevrosi abrasiva di Digital Blackface, trafitta da un rumore che sembra un ammasso di rottami metallici che cadono sul pavimento. L'assalto psicologico continua con i paesaggi sonori vorticosi di Cuckold e You Think You Know, e con un tono minaccioso ed intimidatorio che rasenta il criminale. Dopo la musica si disintegra nelle texture sparse, tese e gracchianti di Motor Mouth e soprattutto di Black Ben Carson, la colonna sonora della malattia mentale. Dall'altro lato, il ritmo isterico metronomico di Black Steve Austin rivela una febbre da moribondo. Il lato "Peggy" è quello introspettivo, confessionale, diaristico. Comincia con la trance noir, desolata di I Just Killed A Cop Now I'm Horny, e dopo la musica cerca un equilibrio tra drammatico e traumatico attraverso canzoni come Plastic, un ibrido tra danza tribale e musica concreta, Boi, un collage psichedelico chill ambient, LL Cool J, un folle tributo in un ospedale psichiatrico, Face Down Ass Up, un teatro di elettronica e voce distorte, e Try Me, la convergenza più straziante di beats apocalittici, elettronica sci-fi e recitazione chirurgica. Inevitabilmente, questo secondo lato tende ad essere più parlato e meno musicale. L'album straripa di idee originali, e la produzione convulsa, abrasiva funziona come dinamite che fa esplodere queste idee. 

L'album Veteran (Deathbomb Arc, 2018) (di 19 canzoni) è tanto vario quanto inconsistente, e si dipana in un vasto spettro di collage aurali, ma la maggior parte di questi appena scalfiti. Viaggiamo dalla lounge muzak di 1539 N. Calvert all'isteria demente di Real Nega, dal gioioso carillon I Cannot Fucking Wait Til Morrissey Dies alla manipolazione vocale a raffica di Baby I'm Bleeding, dal vuoto in espansione di Williamsburg (forse il pezzo più disorientante) alla lenta grottesca fanfara zombie di Rainbow Six. La sua idea di una canzone soul è il canto androide su percussione caotica di Thug Tears. Alcuni arrangiamenti sfiorano la musica concreta, come i riverberi acquatici deformati di Rock N Roll Is Dead. I beats di DD Form 214 e Libtard Anthem sembrano field recordings manipolati al computer.

All My Heroes Are Cornballs (2019) (di diciotto canzoni) diluì ulteriormente l'impatto della sua tecnica di produzione. L'atmosfera new-age di Grimy Waifu difficilmente eguaglia il caotico assalto vocale di Jesus Forgive Me I Am a Thot. Hendricks opta per un formato più accessibile: il soul-hop di Rap Grow Old & Die x No Child Left Behind e Free the Frail. L'esuberante creatività di Black Ben Carson si riconosce solo nel magma ribollente di Prone. Di nuovo, molti di questi pezzi corti sono a malapena tentati. L'esperienza, inevitabilmente, sembra frammentata e gran parte di quest'album sembra riempitivo. (feels/fills)

EP (2020) contiene un esempio primo del suo glitch-hop deformato, Bald, più il baccanale tribale Covered in Money, l'acrobatico boom-bap beat di Cutie Pie, lo scomposto jazzato The Bends, e la ballata neosoul ibrida Living Single.

EP2 (2021) fa un'offerta più banale. Solo Panic Room restituisce l'umore deviante dell'EP precedente.

L'LP (2021) di venti canzoni rappresenta un altro picco della tecnica di composizione scrupolosamente non ortodossa di Hendricks. La strategia minimalista delle vivaci Trust e Nemo indirettamente enfatizza i loro arrangiamenti dadaisti. Il ritmo meccanico disorientante di Dirty ed il collage vorticante Hazard Duty Pay sono lo zenith di questo processo creativo. Il suo decostruttivismo a volte dà vita a canzoni totalmente squilibrate come Tired Nervous & Broke (tra rumore cosmico/industriale e chiacchierata informale), ma il più delle volte a vignette sorprendentemente coese. L'incalzante e pomposa End Credits è complementare alla caotica e sommessa Are U Happy. Nonostante il suo flow non sia il migliore del mondo, risalta in Rebound e BMT.


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