- Dalla pagina su Vex'd, Kuedo, Roly Porter
di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Il duo britannico Vex'd, ovvero Jamie Teasdale e Roly Porter, con il doppio LP Degenerate (2005) ha contribuito alla transizione del dubstep dallo spleen abbattuto dei Burial a uno stato d'animo più truculento e minaccioso (più simile all'industrial che alla musica dub). L'impatto emotivo è stato molto più diluito in Cloud Seed (2010).
Jamie Teasdale ha optato per un suono molto più dolce e sofisticato nel suo debutto solista scolpito con il synth, Severant (Planet Mu, 2011), attribuito a Kuedo e influenzato maggiormente dalle colonne sonore dei Vangelis che non dal dubstep.
Cloud Seed (Planet Mu, 2010) di Vex'd ha continuato il progetto ma con meno immaginazione.
Porter ha anche realizzato i dieci pezzi elettronici astratti di Aftertime (Subtext Recordings, 2011) in un inquietante stile dark ambient. L'ouverture atonale Atar mescola sfumature futuristiche e horror. Il subliminale Tleilax è invece l'esatto opposto, una suspense snervante che esplode in una colonna sonora di guerra. Corrin è un concerto dissonante per suoni di macchina, che verso la fine entra in una toccante dimensione umana attraverso increspati droni melodrammatici e archi melodici. Le vignette successive formano una sorta di concept: un cullante mormorio funebre trasporta Al Dhanab in un monastero esotico, anche se il finale criptato suona come un videogioco arcade vintage; allo stesso modo, Hessra suona come una musica sacra solenne ed elegiaca; e questo sfocia nel celestiale, etereo Caladan. Quindi il rituale di autodistruzione riprende con l'atmosfera cinematografica spettrale e nebbiosa di Giedi Prime che rivela lentamente un paesaggio di macchine ronzanti e sibilanti (non aggressive, ma angosciate), forse il momento clou dell'album. Il viaggio si conclude con il breve finale Arrakis, un frammento di agonia sinfonica che raggiunge proporzioni cosmiche come un remix di Klaus Schulze di passaggi morbosi dagòli adagio di Schubert.
Con questo lavoro Porter balzò improvvisamente in prima linea nella musica post-classica, senza lasciare alcuna prova che avesse mai fatto parte della scena dubstep. Questo lavoro ha gettato un ponte tra la sua generazione e la new wave, riprendendo da dove erano rimasti i Throbbing Gristle.
La carriera post-dubstep di Roly Porter è continuata con il transitorio Life Cycle Of A Massive Star (Subtext Recordings, 2013). I dieci minuti di Cloud iniziano con una vibrazione di sub-basso (come quando l'orchestra affina i suoi strumenti prima che entri il direttore d'orchestra), e poi si lancia in un balbettio percussivo su droni cosmici fluttuanti. Gli otto minuti di Gravity mettono a confronto i droni ambientali con l'horror industriale alla Throbbing Gristle. Entrambi questi brani (i più lunghi dell'album) presentano lo stesso limite: il secondo si trascina senza un vero sviluppo. La nebulosa polverosa e vorticosa di Sequence è un semplice esercizio ambientale, mentre Giant è un miscuglio di terrore sub-basso, colpi industriali, segnali alieni e rumore stridente che si fonde in una palla di fuoco. Queste sono composizioni piuttosto infantili. D'altro canto le esplosioni controllate di Birth secernono una sorta di musica cosmica pastorale, con droni galattici simili a "om", che confina con la musica new age: è probabilmente l'apice dell'album.
Anche se non è propriamente un album, questo lavoro ha aiutato Porter a spingersi oltre il ritmo, verso la scultura sonora in forma libera.
La missione di scultura sonora di Roly Porter è diventata più introversa in Third Law (Tri Angle, 2016). Le prime due composizioni sono puramente atmosferiche: 4101 di otto minuti (musica cosmica per archi, che poi si trasforma in una catastrofica colonna sonora horror) e soprattutto l'ambient In System, con un ritmo lento, solenne, melodia di "violino" simile a un requiem che si sovrappone a un rimbombo di sub-basso.
Porter è più efficace nei pezzi che mostrano il suo lato cinematografico: Mass crea un'atmosfera industriale minacciosa con poliritmi mutevoli e sfumature mediorientali, ma poi si evolve attraverso un'invocazione psichedelica verso un finale caotico. Il breve Departure Stage è uno studio psicologico: il motivo melodico emerge da una giungla di droni glitch subliminali e continua a gonfiarsi verso il finale quasi sinfonico. In Flight, un concentrato di suspense inquietante, sfrutta la balbuzie percussiva iniziale per avventurarsi in una foschia siderale di tessuto spaziotemporale vibrante e vuoto quantistico.
L'abilità principale di Porter è la sua magistrale coreografia della cacofonia. Gli otto minuti di Blind Blackening secernono dilatate fluttuazioni ambientali opalescenti e vagano per i lugubri spazi galattici di Irrlicht di Schulze. Un confuso accumulo di suoni crea una finta calma paradisiaca che in realtà trasuda tensione e terrore, che in realtà nasconde e seppellisce scoppi di violenza. Il breve High Places nasconde la grandiosità corale e orchestrale sotto un miasma frammentato e diluito. Known Space fonde radi droni extraterrestri, voci dilatate, vibrazioni elettrostatiche e un acuto senso dell'ignoto (in realtà).
Porter si abbandona a trame dinamiche, instabili e catastrofiche. Le sue composizioni sono paesaggi glaciali disseminati di geyser dormienti di suoni digitali. La scultura sonora di Porter abbraccia un'estetica mista di musica glitch fatiscente, di rumore industriale sferragliante, di ghiaccio scintillante in stile Brian Eno, di lugubre e allucinatoria "kosmische musik" e di musica ambientale astratta dei droni.
Kistvaen (Subtext, 2020) di Roly Porter, originariamente una collaborazione multimediale con l'artista visivo Marcel "MFO" Weber, si abbandona al mistero e all'orrore. Gli otto minuti di Assembly evocano un'invocazione sciamanica tra tuoni metallici e spessi droni di organo gotico (ma gli ultimi tre minuti sono sprecati). La lava elettronica erutta dagli otto minuti di Burial e poi diffonde droni stridenti e assordanti su un paesaggio desolato da cui tuttavia si leva un malinconico adagio per archi. Un vortice elettronico inghiotte le voci femminili di An Open Door. I 15 minuti di Passage sono una composizione drammatica che gioca con un ronzio estremo ma in modo piuttosto irregolare. L'album si chiude con la musica cosmica angelica di Kistvaen. Rispetto alle sue vette artistiche non c'è molto di cui parlare. Si tratta di una normale pittura sonora astratta, di quel tipo appartenente al boom della musica new age negli anni '80.
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