- Dalla pagina sui Lonker See di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Ai Lonker See, formati dal chitarrista Bartos Boro Borowski e dalla bassista Joanna Kucharska, si aggiunse il veterano sassofonista jazz Tomasz Gadecki, che aveva già pubblicato diversi album, in particolare i duetti improvvisati di sax baritono di Melt (Not Two, 2013) con Paulina Owczarek (un duo chiamato Sambar).
Il debutto dei Lonker See, Split Image (2016), contiene la marziale e ipnotica Claimed By The Forest (7:01) e la vivace danza quasi country di Flight Is Open On The Way Out (6:13); ma le loro vere capacità emergono su Split Image Pt. 1 2 & 3 (21:42): pochi minuti di rumore strumentale astratto prima che la chitarra Led Zeppelin-iana scateni il tema psichedelico su una lenta batteria in stile indiano e, dopo 13 minuti, il sax prenda il sopravvento con chiacchiere frammentate su un ritmo tribale irregolare prima del caos finale in crescendo.
Solaris Pt. 1 & 2 (13:57) è la prima metà di una suite ispirata al film di Andrej Tarkovsky: un paesaggio sonoro pieno di suspense di forma e suoni ronzanti.
One Eye Sees Red (2018) contiene due lunghi pezzi che li hanno trasformati in una sorta di versione polacca dei Necks, specializzati in lunghe jam strumentali ipnotiche, con Lillian Gish (18:16) che inizia come una jam molto morbida e lenta in stile raga che diventa jazz quando entra la batteria, ma il sax e il basso ripetono lo stesso motivo, sonnolento e ipnotico, finché la musica non prende una direzione cosmica, con forti distorsioni e tensione ritmica. Lonker See suonano la versione post-ambient del prog-rock, e Lillian Gish suona come una versione post-ambient di Valentyne Suite dei Colosseum.
Solaris Pt. 3 & 4 (17:04) è invece un viaggio psichedelico lungo e sognante, ma dopo dieci minuti subentra una postura più ritmata e aggressiva con il sax che intona motivi sempre più energici. È come una fusione tra Dark Star dei Grateful Dead, Learning to Fly dei Pink Floyd e Nine Foot Underground dei Caravan.
Hamza (2020) ha dato più vigore alla loro fusione tra acid-rock e jazz-rock degli anni '70. I nove minuti di Put Me Out sono un lento crescendo post-rock che diventa violento alla fine, ma nel complesso è abbastanza banale. Gli otto minuti di Gdynia 80 sono una migliore sintesi di space-rock travolgente, prog-rock cerebrale e stoner-rock pesante, come se i Can e i Queens Of The Stone Age suonassero insieme, e termina addirittura con il sax che intona un ritornello folk.
Il sax domina i nove minuti di Earth Is Flat, spinto da un forte ritmo infetto dal Brasile. Joanna Kucharska canta la semplice elegia Infinite Garden e guida i letargici otto minuti di Hamza, ma quelle sono le canzoni più deboli. Dirige anche i nove minuti di Open & Close, il cui sviluppo è più interessante ed energico di questi due, ma ancora un po' debole. L'album è un miscuglio e suona quasi come l'album di un'altra band, sicuramente più rock e meno psichedelico.
Duets (2020), registrato originariamente nel 2017, è un album di duetti improvvisati.
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