- Dalla pagina su Kevin Morby di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Trasferitosi a Los Angeles, il cantautore e chitarrista Kevin Morby (1988), precedentemente nei Woods ha lanciato la sua carriera da solista con le eleganti e nostalgiche canzoni di Harlem River (2013). L'album è inzuppato di profumi dell'era hippy, e in particolare di Blonde on Blonde di Bob Dylan, pieno di organo Al Kooper-iano in Miles, Miles, Miles. I nove minuti di gotico shuffle blues Harlem River si trovano da qualche parte tra le odi funebri di Leonard Cohen e il teatro apocalittico dei Doors. If You Leave If You Marry è una vignetta rustica à la Leo Kottke, mentre Slow Train è una notturna soul ballad sonnolenta. Il martellante rock'n'roll di Reign evoca i primi blues-rock e Sucker in the Void si rifà alle prime lullabies di Leonard Cohen.
Still Life (2014) è un'opera inferiore che raramente raggiunge le stesse altezze stilistiche o emotive. Il fulcro sarebbero gli otto minuti di Amen, una suite multi-part che inizia e termina come una canzone Dylan-iana, ma è piuttosto sfocata. La cupa meditazione filosofica The Jester, the Tramp & the Acrobat, la delicatamente anthemica All off My Life e la dolce, Parade, simile a una preghiera, sono diligenti imitazioni del cantautorato anni '70, ma nulla che si possa definire “innovativo”, tanto che il folk-rock isterico di The Ballad of Arlo Jones suona come una boccata d'aria fresca.
Singing Saw (2016) vanta i sinistri sette minuti di Singalong Singing Saw, oltre all'ipnotica e pop Destroyer e alla canzoncina country Water, ma Morby sembra essere inesorabilmente attratto da un umore sonnolento in canzoni come Cut Me Down e Drunk and on a Star.
City Music (2017) è sia un lavoro più umile, rispetto agli arrangiamenti sofisticati degli album precedenti, sia un lavoro più eclettico. Le canzoni abbracciano tutto lo spettro: la Lou Reed-iana Crybaby, i sette minuti quasi-psichedelici di City Music, il canto funebre di Come to Me Now, la tiritera punk-rock di 1234, che sembra un tributo a Ramones, Abord My Train, una semplice melodia folk-rock à la Jonathan Richman, Tin Can, un'elegia stile Television, la litania country downbeat Downtown's Lights, il gospel anemico di Dry Your Eyes,ecc.
Il suo revival anni '60 è limitato all'elegante e accattivante Pearly Gates.
Le 14 canzoni di Oh My God (2019) sono probabilmente il doppio del necessario. L'album contiene uno dei suoi delicati boogie (OMG Rock n Roll) e uno dei suoi crescendo emotivi (Seven Devils), canzoni che abbiamo imparato ad aspettarci dai suoi album. Offre per lo più cupe meditazioni che meglio rappresentano la sua persona: l'atmosfera esistenziale jazz di No Halo, il moribondo pezzo semi-parlato di Savannah, e il lento e minimale Nothing Sacred/ All Things Wild che evoca il più spettrale Leonard Cohen. L'album non beneficia realmente di una passione appena scoperta per il pianoforte (forse con l'eccezione del pezzo jazz e informe di Oh My God). La metà delle canzoni trasporta l'ascoltatore indietro nel tempo, a volte in profondità in un mitico passato musicale, come il walts old-fashion di Congratulations e l'aria da musicale di Broadway Piss River.
Sundower (2020) ha dimostrato che Morby padroneggiava un'ampia gamma di stili. Sceglie un formato spartano per il vivido ritratto di A Night at the Little Los Angeles, mentre Brother Sister si trasforma in uno spaghetti western alla Ennio Morricone mentre abbraccia Leonard Cohen. Gli arrangiamenti non sono mai stati così discreti e l'album è dominato da ballate calme e toccanti come Campfire e Provisions.
Valley è la litania Dylan-iana du jour. Il meglio è quando perde l'equilibrio: nella distorsione e nel beat marziale di Wander, nella turbolenza dissonante che dirotta la semplice sonata per pianoforte Velvet Highway.
This Is A Photograph (2022) è un'altra raccolta irregolare, e forse autoindulgente, che mette in evidenza la capacità di Morby di inventare ibridi stilistici eccentrici ma mostra anche la sua eccessiva dipendenza da un ambiente sottomesso, anemico e nostalgico. La sua intelligenza musicale raggiunge il picco con la nevrosi blues-jazz-rock di This Is A Photograph e il pop-jazz da camera di A Coat of Butterflies, e la maestosa ninna-nanna folk-rock A Random Act of Kindness è una dimostrazione delle sue doti melodiche.
More Photographs (A Continuum) (2023) è il “companion album” di This Is Photograph.
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