- Dalla pagina su Brian Eno di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

In breve:
Brian Eno, ex tastierista dei Roxy Music, cambiò il corso della musica rock almeno tre volte. L'esperimento di fondere assieme il pop con l'elettronica su Taking Tiger Mountain By Strategy (1974) cambiò la nozione stessa di cosa fosse una "canzone pop". Eno prese melodie scadenti (tipo quelle che si usano nei music-hall, nelle pubblicità televisive, nelle filastrocche) e aggiunse una forte base ritmica e il contrappunto del sintetizzatore. Il risultato fu simile ai numeri novelty e alla musica "bubblegum" dei primi anni '60, ma aveva il carisma del puro genio postmoderno. Eno aveva inventato la musica meta-pop: musica d'avanguardia che impiega elementi della musica pop. Continuò quell'esperimento con Another Green World (1975), ma poi ne cambiò la prospettiva su Before And After Science (1977). Qui le orecchiabili canzoncine di Eno acquisirono una qualità sinistra. L'album sembrava più un affresco surreale, una visione dell'umanità trasformata in robot. Le melodie potevano essere madrigali rinascimentali e il ritmo poteva essere usato dalla disco-music, ma il tutto non suonava affatto come musica rinascimentale o dance: suonava come la fine della civiltà. Un colto praticante della musique concrete, della musica aleatoria di Cage, del minimalismo di LaMonte Young, della musica elettronica di Karlheinz Stockhausen, Eno aveva un ambizioso programma di "musica per non musicisti" che era l'equivalente della "Teoria dell'armonia" di Schoenberg. Se Schoenberg aveva optato per un nuovo modo di comporre (il serialismo), Eno fondamentalmente proponeva di abolire del tutto la composizione, concentrandosi invece sul "suono". Dopo aver giocato con la ripetizione e il droning di Philip Glass su No Pussyfooting (1973), una collaborazione con il chitarrista Robert Fripp dei King Crimson, Eno aveva iniziato a implementare il suo programma con Discreet Music (1975), che non era affatto musica, e non era affatto "la sua" musica: il compositore la metteva soltanto in moto. Ciò che l'ascoltatore sentiva non era ciò che il compositore aveva scritto. Le vignette impressionistiche di Music For Films (1978) colmavano il divario tra teoria (la sua musica "discreta") e pratica (la sua musica pop futuristica). La musica "discreta" di Eno si è evoluta attraverso due collaborazioni con il gruppo tedesco Cluster (nel 1977 e nel 1978). Music For Airports (1978) presentò il risultato: "musica ambient", una musica fatta di droni statici e languide note, una musica che non cambia quasi per niente, che non tradisce quasi nessun sentimento, musica che è pensata per "non" essere ascoltata, l'equivalente d'avanguardia della musica da supermarket. Questa fu la sua terza rivoluzione. E sarebbe diventato uno dei generi più abusati degli anni '90. On Land (1982) e Thursday Afternoon (1985) offrirono una versione psicologica della musica ambient. Sulla strada per diventare uno dei compositori più influenti del secolo, Eno era anche diventato uno dei produttori più influenti della musica rock. In particolare, scolpì il techno-ethnic-funk che reinventò la carriera dei Talking Heads nel 1979-80. Molto probabilmente, ci vorranno ancora alcuni decenni prima che la scena musicale assorba tutte le intuizioni di Eno.
Dopo le sue numerose imprese degli anni '70 e dei primi anni '80, Eno non ha mai riacquistato del tutto la sua statura oracolare e di genio. È stato un pioniere della musica elettronica per il pubblico del rock, ma in qualche modo non ha mai avuto il pieno controllo di ciò che è accaduto in seguito (in particolare, la rivoluzione digitale). Sembrava essere passato da protagonista visionario a testimone occasionale e talvolta a mero "tecnico".


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi, modificato da Stefano Iardella)

Bio:
La figura che riassume una parte significativa della musica inglese d'avanguardia degli anni '70 è Brian Peter George StJohn Le Baptiste de la Salle Eno, nato nel 1948 a Woodbridge, nel Sussex. L'importanza retrospettiva della sua opera cresce di anno in anno. Non solo Eno ha apportato rivoluzionarie innovazioni nel modo di concepire e realizzare una canzone di musica rock: a metà degli anni '70 ha inventato la musica ambientale, destinata a diventare uno dei generi principali degli anni '90. Con i suoi dischi e i suoi scritti Eno ha teorizzato un nuovo modo di fare e fruire musica. E' probabile anzi che ci vorranno ancora dei decenni prima che la musica finisca di assorbire le sue intuizioni.

Negli anni '60 Eno, lasciato il convento cattolico dove ha ricevuto l'istruzione media, studia arti visive a Ipswich e, da cantinaro, musica sperimentale a Winchester; apprende le tecniche radicali della musica concreta, aleatoria, gestuale, minimale ed elettronica (inventa persino una macchina sonora ad acqua piovana e registra un pezzo per percussione di lampada metallica).

E' il 1968 quando condensa queste esperienze nel libro manifesto "Music For Non-musicians", nel quale propugna la figura del "non-musicista", tecnicamente del tutto incompetente ma dotato di genio creativo. L'opera d'arte deve essere composta in tre fasi: concepimento del brano, esecuzione da parte di singoli strumentisti (questi sì competenti) e manipolazione finale dei nastri da parte dell'autore. Eno è interessato soprattutto alla terza fase.

Dopo aver conseguito la laurea in Belle Arti (1969), Eno si guadagna da vivere lavorando come grafico per un quotidiano della capitale e al tempo stesso si offre come tecnico del suono al complesso rock Roxy Music.
Presto la seconda attività prevale sulla prima e il tecnico del suono viene promosso al sintetizzatore, strumento tramite il quale Eno inietta stranianti effetti elettronici sulle canzoni del gruppo.

Abbandonati i Roxy Music dopo il secondo album, nei due anni successivi Eno si dedica a una infinità di collaborazioni, sia come musicista sia come produttore.
L'esordio creativo avviene per piccoli passi, ma fin dall'inizio Eno si muove lungo due binari paralleli. Da un lato l'approccio tecnologico, che consente al non-musicista di fare musica e che trasforma il compositore in programmatore di apparecchiature sofisticate (sintetizzatori, equalizzatori, unità di eco, unità di ritardo, registratori e monitor). Dall'altro lato si situa l'operazione del musicologo rock che ragiona sul rock stesso, riciclando stili e temi dejavu in maniera opportunamente ricodificata secondo una prassi tipicamente post-moderna.

Da un lato prendono corpo allora gli esperimenti ai nastri in coppia con Robert Fripp, mentre dall'altro Eno sconvolge la tradizione della musica rock con la tetralogia di Here Come The Warm Jets, Taking Tiger Mountain, Another Green World e Before And After Science, tetralogia in seguito raccolta sul box-set Vocal (Virgin, 1993).

No Pussyfooting (EG, 1973), il primo album con Fripp, è un album di "tipi musicali di suono", ovvero frammenti di suono che sono associati mentalmente a strumenti o a forme noti, anche se di per sé quei frammenti non sono musicali.
La "Frippertronics" (un misto di tape-loop e feedback, un'idea di Eno benchè comunemente associata alla chitarra di Fripp) fece il suo debutto su The Heavenly Music Corporation.
Sia questo album sia il successivo Evening Star (EG, 1975), che contiene An Index of Metals, stratificano gli arabeschi chitarristici di Fripp sulle figure elettroniche di Eno, che impiegano per la prima volta il minimalismo pulsante di Philip Glass. Per quanto l'intuizione sia foriera di sviluppi importanti, queste opere rimangono irrisolte, ripetitive, pedanti, tutt'al più atmosferiche. La seconda è quella che mostra maggiormente il tocco di Eno.
Essential Fripp & Eno (Gyroscope, 1994) è un'antologia dei due album.

Here Come The Warm Jets (Island, 1973) è più che altro un tour de force vocale che culmina nel rocambolesco inno psichedelico a ritmo pellerossa di Baby's On Fire (con un altro fenomenale solo di Fripp). A una forma intellettuale di demenzialità si attengono le cantilene di On Some Faraway Beach, Paw Paw Nero Blowtorch e Driving My Backwards, private del caustico mordente del music-hall e immerse invece in una fredda razionalità armonica, erudite astrazioni dell'eccentrico e dell'assurdo. La produzione è ancora approssimativa e naif, con le chitarre alterate elettronicamente di Fripp e Manzanera a guastare invece che decorare, e la raccolta è un po' dispersiva, come se fosse semplicemente un quaderno di appunti che si sono accumulati negli anni.

Eno perfeziona l'idea con Taking Tiger Mountain By Strategy (Island, 1974), forte dell'aiuto di Robert Wyatt alle percussioni e di Phil Manzanera alle chitarre. Splendido sia nell'accezione di desolata parodia (con l'ironia distaccata dei dandy) sia in quella di saggio postmoderno, di scombinato affresco senza capo né coda, castello superbo di rifiuti maleodoranti, puzzle indecifrabile di gesti futili e di scatti nevrotici, monumento all'intelligenza abnorme del quotidiano. Eliminando del tutto quello che era stato il punto debole dell'esordio, il disco si avvale del non plus ultra degli arrangiamenti, tanto da imporre uno standard per il sound degli anni '70.
Concepito come musica per un balletto rivoluzionario cinese, il disco propone non una ma tre geniali revisioni del modo tradizionale di far musica: un modo di dar veste intellettuale alle musiche del music-hall, l'idea di mescolare sonorità etniche agli arrangiamenti della canzone occidentale, e l'intuizione che le nuove tecniche di studio possono dar nuova vita al genere della novelty.
Le gag sgangherate da avanspettacolo sono l'ultimo legame con il rock, ma persino il valzerone marziale di Back In Judy's Jungle (con simulazione elettronica di fisarmonica, coro di fischiettii e tintinnio isterico di organetto di strada) e il coraccio da pub della title- track tradiscono un'altezzosità accademica che le situa in una dimensione meno goliardica dell'assunto.
Il disco rigurgita poi di timbri e ritmi dell'Estremo Oriente. Fat Lady Of Limbourg, Great Pretender e China My China, sono altrettanti esperimenti di come una nenia giapponese, un gong, le bacchette cinesi o le nacchere, e in generale lo sterminato patrimonio delle musiche etniche di tutto il mondo, possano venir mescolate agli strumenti della musica rock.
Alla fine a svettare sono però i primi capolavori in quella che è la specialità di questo periodo: la filastrocca a ritmo martellante, una forma nevrotica e schizoide di "singalong". Mother Whale Eyeless e Burning Airlines sono costruite su una ripetizione ossessiva in crescendo del ritornello, cantato a sua volta con nonchalance androide, sul quale la chitarra di Manzanera volteggia incendiaria. La struttura del brano deriva da una stratificazione rocambolesca di effetti. In True Wheel si succedono a rotta di collo: sintetizzatore schizoide e ritmo rock and roll, declamazione didattica da cabaret brechtiano e coro rivoluzionario, assolo pulsante di chitarra e raddoppio di ritmo per il gran finale. E' in questi brani che si sublima l'idea di un rock che non è più rock, che rispetta le regole armoniche del rock ma ha perso i suoi contenuti emotivi.
Eno mimetizza la musica. Alla canzone toglie il motore e lascia soltanto la carrozzeria. Attua organicamente un processo di demolizione della realtà che precede il processo di montaggio delle astrazioni. Nella contesa fra creatività e spettacolo Eno viene tracciando la sua "strategia obliqua", all'insegna di una spregiudicata fusione di modi dell'avanguardia e di decadenza dozzinale che fa perno su una cinica retorica dell'ambiguità.

Another Green World (Island, 1975) prosegue il discorso con maggior consapevolezza, progredendo su tre piani paralleli: quello della qualità del suono, che è sempre più cristallino, quello dell'assimilazione dell'elettronica, che ormai è a pari livello degli strumenti tradizionali, e quello dello "straniamento" dell'atmosfera, che trasforma ogni canzone in un'astrazione sempre più complessa. In un certo senso questi tre piani si alimentano a vicenda: nella misura in cui aumentano la sua attenzione e la sua dimestichezza con le apparecchiature dello studio di registrazione diminuisce l'emotività della musica che Eno produce con tali apparecchiature.
La prima logica conseguenza di questo processo è che il canto perde il suo ruolo guida e si fa largo poco alla volta la concenzione di una musica lungo quelle direttrici ideologiche che sia puramente strumentale. Persino lo svolgimento drammatico della canzone perde di importanza, tant'è che proprio i brani strumentali tendono ad essere concisi al massimo.
Gli strumenti (la chitarra di Fripp, la batteria di Phil Collins, la viola di John Cale) sono dosati in modo da accendere al massimo l'immaginazione, trasformando gli spunti più innocenti in deliri metafisici. Siano ritornelli orecchiabili come Golden Hours, bizzarrie armoniche come Sky Saw, cadenze impossibili come St Elmo's Fire (con un assolo galattico di Fripp) o esotismi dozzinali come I'll Come Running (con un breve ma arguto assolo di Fripp) e Everything Merges With The Night, le "canzoni" brillano di luce riflessa.
Più allucinanti i brani (strumentali) che Eno esegue da solo, trincerato dietro palizzate di tastiere, alla titanica ricerca dell'aforisma sonoro capace di condensare in poche note le sensazioni più profonde. Il metallurgico clangore industriale di In Dark Trees, il mantra epico e cosmico di The Big Ship, il balletto africano di Sombre Reptiles, l'estasi celestiale di Becalmed, la suspence sinistra di Zawinul Lava, il lamento desolato di Spirits Drifting compongono un mosaico di paesaggi (naturali e mentali) che si spinge ben oltre i confini della musica rock.
I riferimenti possibili sono sparsi su un fronte enorme: i balletti fauve, l'avanguardia dadaista, la muzak dei supermercati, le colonne sonore di Hollywood e soprattutto il rock psichedelico. Decantata e filtrata, la musica di Tiger si riduce a schizzi di "maniere", a un mosaico di "incompiuti", a una raccolta a seguire.
Eno affida ora gran parte dell'orchestra al sintetizzatore, che è forse la vera voce del disco. Eno reinventa il ruolo dello strumento, conferendogli una preminenza e una libertà da strumento guida che soltanto chitarra e organo avevano goduto nel rock.

Before And After Science (Island, 1977) sigilla la stagione di questo "meta-rock", fondendo le conquiste dei due dischi precedenti in un formalismo esasperato. La biologia sonora di Eno seziona e ricompone cellule di rock contemporaneo, e in quest'ambito la sua mano è ormai quella di un virtuoso. Concepito in gran parte in Germania, dove ha soggiornato in compagnia di Fripp e David Bowie e dove ha stretto amicizia con i Cluster, il disco proclama in copertina il debito verso le "strategie oblique" elaborate insieme al disegnatore Peter Schmidt e si avvale di un'imponente schiera di collaboratori, da Fripp a Fred Frith, da Manzanera ai Cluster stessi.
Eno avanza sia sul fronte del ballabile tecno-esotico (le sincopi stranianti e le cadenze caraibiche di No One Receiving e Kurt's Rejoinder), sia su quello della cantilena rock and roll: in Backwater azzecca una delle sue singalong più accattivanti, una delle cadenze più demenziali e uno degli accompagnamenti di synth più trascinanti, e in King's Lead Head si ripete con un rock and roll mozzafiato battuto sulle mani e dissonato sul piano, una corsa ferroviaria a tutta velocità con tocchi estrosi di synth.
Eno scodella con raziocinio e restauro-mania filastrocche psicotiche masticate fino alla nausea da un cantante meccanico, ritmate in maniera paranoica, infarcite di arrangiamenti sofisticati e con il sottofondo metafisico delle tastiere elettroniche. Il catalogo di quadretti strumentali si arricchisce di due miniature geniali: Julie With, liquida, tenera e cristallina, e il lirico spunto pastorale di Through Hollow Lands. Chiude il disco il salmo psichedelico e cosmico di Spider And I.
Con questo terzo capolavoro, si compie la trilogia del meta-rock. Eno ha cambiato per sempre la storia della musica popolare. Prima di tutto ha capito che è cambiato il modo in cui si produce la musica: l'artista non entra più nello studio di registrazione soltanto per immortalare la canzone che esegue dal vivo; l'artista entro nello studio di registrazione come un pittore entra nel suo studio artistico: per dipingere (con i suoni). Brian Eno conferisce semplicemente statura artistica al ruolo del produttore, che dai primi anni '70 aveva preso il sopravvento su quello dell'autore in innumerevoli casi.

Con questa trilogia Eno compie anche un'operazione subdola sul "protagonista" della musica. La musica popolare strumentale esisteva da quando esisteva la musica popolare, ma nelle mani di Eno diventa qualcosa di diverso: tradizionalmente un brano strumentale era semplicemente una canzone senza canto. Ma era ancora fondamentalmente una canzone. Eno inizia sottoponendo il formato della canzone a un processo di progressiva spersonalizzazione: da un lato accentua la complessità dello "sfondo" strumentale su cui si muove il canto e dall'altro riduce l'interesse del canto utilizzando uno stile di cantilena infantile e un po' robotica. In pratica rende sempre meno interessante la parte cantata e sempre più interessante la parte strumentale di una canzone, quella che lui chiama, con una similitudine di nuovo pittorica, il "paesaggio" di una canzone.

Il passo successivo consiste nell'eliminare del tutto il canto, divenuto ormai inessenziale, e lasciare soltanto quel "paesaggio", in tutta la sua complessità. Muore il compositore di canzoni e nasce il pittore di suoni. Il brano strumentale acquista un senso oltre il ritornello, per il semplice fatto di essere un paesaggio (sonoro) interessante.

Nel complesso si ha l'impressione di un'opera di portata rivoluzionaria, ma non di un'opera monumentale; di un quaderno di appunti geniali, ma non di un solo grande capolavoro. Anche in questo si riconosce l'appartenenza di Eno alla generazione decadente, che ha ripudiato l'opus monolitica a favore del frammento.

Il problema è forse anche che Eno ha ormai altro per la testa. Nel frattempo ha infatti fondato l'etichetta Obscure, attorno alla quale raccoglie alcuni talenti dell'avanguardia. Per vararne l'ambizioso programma si cimenta in prima persona coniando la Discreet Music (Obscure, 1975).
Quest'opera consta di un lungo brano programmato che si liquefà lento e seducente con piccolissimi interventi dell'esecutore, corrispondenti a minime variazioni del suono; una musica che si dipana per tocchi vellutati, per riverberi infiniti, per sovrapposizione di interferenze; una musica che può essere ascoltata e al tempo stesso "ignorata", una forma "colta" della muzak in cui il compositore ha un ruolo piuttosto passivo. E' l'esasperazione dei dischi realizzati con i Cluster. L'album contiene anche tre variazioni or "remix" sul "Canon in D Major" di Johann Pachelbel.

Eno cerca strutture minimali, lente e graduali, umili e solenni, prive di sbalzi emotivi. La musica statica di LaMonte Young e i continuum di Ligeti ne sono gli antecedenti più noti, ma il punto di Eno è più radicale: il suo punto è l'"inutilità" della musica.

La musica che l'ascoltatore fruisce non è necessariamente quella che il musicista compone: ad essa possono essere sovrapposti altri suoni, oppure semplicemente i rumori ambientali, e l'umore stesso dell' ascoltatore può a sua volta mutare l'effetto originale. Morale: tanto vale lasciar andare alla deriva un pattern anemico e monotono. In questo modo l'influenza degli elementi estranei sarà più evidente. Al limite questa musica "discreta" serve a far fruire i suoni che non sono stati registrati (quelli ambientali) e quelli che non esistono (la predisposizione dell'ascoltatore).

Sul fronte rock Eno compie l'ultimo decisivo passo con la Music For Films (Polydor, 1978). Questo è infatti un collage di frammenti solamente strumentali, che idealmente salda il miniaturismo di Green World con le intuizioni di più ampio respiro della musica discreta. Ognuna delle diciotto miniature che compongono il disco pulsa di vita propria, tesa a fabbricare un'identità sonora più che un'immagine precisa. Films segna la transizione dalle gag surreali dei primi tempi a un impressionismo contemplativo, quasi religioso.
Sarà seguito da Music For Films 2 (EG, 1983) e Music For Films vol 3 (Opal, 1988), in seguito raccolti sul box-set Instrumental (Virgin, 1994).

More Music For Films (Virgin, 2005) raccoglie Music For Films 2 (1983) e un promo CD originariamente pensato solo per registi.

Il nuovo linguaggio musicale è fatto di atmosfere sospese, di quieti soprannaturali, di trasparenze oniriche, di nebbioline metafisiche, di vortici galattici, di fremiti impercettibili, sui quali domina uno spaventoso senso di vuoto. Una malinconia universale presiede alle lente, leziose evoluzioni di queste mini-sonate romantiche, che in certi punti ricordano le più dolenti romanze senza parole di Mendelssohn (Slow Water), in altri lambiscono i mantra (Sparrowfall, Events In Dense Fog, Final Sunset), e in altri ancora disegnano suspence cosmiche (Alternative 3). Per quanto eterogenea e occasionale, questa raccolta segna il punto di massima perfezione formale della sua versione minimale e romantica della musique concrete.

Poi Eno porta il concetto di "musica discreta" alle estreme conseguenze con la Music For Airports (Ambient, 1978). L'opera fa parte di un progetto di "musica per ambienti" nel quale Eno coinvolgerà altri sperimentatori (Harold Budd, Jon Hassell). Con essa Eno si pone alla testa di un movimento che intende dedicarsi alla produzione di musica di sottofondo, analoga alla muzak degli anni '50 in quanto a metodologia d'ascolto (o meglio di non-ascolto, poiché questa musica è proibito ascoltarla con attenzione: dopo aver proibito al compositore di comporre, Eno proibisce anche all'ascoltatore di ascoltare), ma diversa nella costituzione.
Eno la immagina colonna sonora della vita quotidiana tanto nei grandi padiglioni di un'esposizione, quanto nelle vaste hall degli aeroporti. Al di là del dichiarato rifiuto dei ruoli tradizionali del compositore e dell'ascoltatore, la musica per ambiente fissa i contorni di quel vuoto che s'intuiva in fondo alla musica discreta.
Sia come sia in questo disco giunge a straordinaria maturazione l'emulazione dell'onirica weltanschauung di Robert Wyatt, dalla quale Eno era rimasto soggiogato fin dal tempo dei dischi miniaturisti. Ora, invece che agire sulla tonalità del canto, Eno diluisce i ritmi, li cancella del tutto, e sparge note di pianoforte al ralentì.
I sedici minuti del primo brano sono suonati da Wyatt in persona e sono i più trascendentali: ogni pattern pianistico solleva eleganti volute di riflessi sotto forma di frammenti di un estatico mantra elettronico. Il secondo brano è costituito dalle pulsazioni, dagli echi e dalle sovrapposizioni di un coro a cappella, le quali si susseguono metodicamente per otto minuti dando l'impressione di un rimbalzare inerte di galassia in galassia. Il terzo brano fonde piano e coro, ma, se il coro conserva il suo moto religioso ed astrale, il pianoforte ha ora un tocco più secco, procede per brevissimi scatti nervosi verso una disperazione più umana.

In realtà il termine "ambient music" assumerà nel tempo almeno tre significati diversi. Ai tempi di Discreet Music Eno si rese conto dell'importanza che l'ambiente riveste per l'ascolto: per esempio lo stesso disco può essere ascoltato con uno stereo funzionante o con uno stereo difettoso, e i risultati sono drasticamente diversi. L'alea di John Cage viene qui trasferita dal processo compositivo a quello di fruizione. In questa accezione non ha senso fare musica "sensazionale", cioè una musica che sorprenda e attragga l'ascoltatore, mentre è interessante fare musica neutra, che scorra senza emozioni, eventualmente anche per ore.
La realizzazione, se non l'idea, non era molto diversa da quella dei Can di Future Days (1973).

Musica ambientale è poi quella che è concepita per un ambiente ben preciso (film, aeroporto, supermercato, galleria d'arte), la muzak dell'era tecnologica. Anche questa da ignorare più che da ascoltare. E infine musica ambientale è quella che trae lo spunto da un ambiente (anche con suoni concreti) e quindi indirettamente lo descrive.

In pratica la musica ambientale di Eno non sarà nessuna di queste tre, in quanto il non-musicista non si ferma lì. La graduale progressione verso il movimento (dell'armonia e delle sensazioni) prosegue infatti con i due dischi successivi, che introducono elementi psicanalitici e coniano di fatto una sorta di musica "psico-ambientale".
Ogni brano conserva comunque la caratteristica di staticità, quel meccanico ripetere all'infinito il proprio geroglifico sonoro oscillando nell'intorno della posizione di equilibrio. Le principali differenze sono di umore (dal mistico-trascendente allo psico-drammatico) e soprattutto di durata: il pattern melodico/ritmico/armonico non viene ripetuto all'infinito ma si arresta dopo quattro-cinque minuti.

Proseguendo il programma di Films, l'album On Land (EG, 1982) è un mosaico di otto ralentì evocativi spazzati da languidi soffi di sintetizzatore. Abolito il ritmo, Eno scava fra un quanto e l'altro del suo spazio discreto, dove, dicono i testi della Fisica Teorica, il nulla è una fluttuazione casuale di onde.
La musica non è più che un coacervo di echi e vortici dilatati nel tempo: gli uragani lontani impercettibili di Lizard Point, la cupa frequenza cosmica di Lost Day, i lugubri fruscii e stridori di Lantern Marsch, i bagliori di chitarra dissonante di Denwich Beach, i riverberi di versi di animali della jungla di Unfamiliar Wind. Ogni composizione si replica ad libitum riciclando in innumerevoli variazioni il proprio "tema". E' un suono scarno, imploso, involuto, prodotto per decantazione elettronica e concepito per evocare l'infinito attraverso stasi e ipnosi, per simulare moti impercettibili della natura, per dar suono a pure immensità astratte, per alimentare paure e incubi, per comporre sinfonie di palpiti e bisbigli.
La quiete ossessiva di queste lente e perenni fluttuazioni è violata dai disturbi organici, pulsanti, in ebollizione, di Tal Coat e dalla suspence di Shadow, un campo di cicale battuto dal soffio arcaico e orientale della tromba di Jon Hassell.
La musica ambientale diventa musica-thriller, musica da brivido, musica- suspence, musica di presagi sinistri, di terrori irrazionali, di disordini interiori. La natura (l'ambiente di turno) è una presenza malvagia, che incombe minacciosa. Tutti i pezzi sono tetri, e la loro immobilità aggiunge al senso di disagio un'attesa spasmodica del "qualcosa" che sta per succedere.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Apollo (EG, 1983), concepito come colonna sonora per un documentario e uno dei primissimi album a impiegare il sintetizzatore FM Yamaha DX7, è stato un altro sottile viaggio di Eno verso la microstruttura del suono e le profondità della psiche umana. Ha fornito, infatti, la miglior definizione di musica psico-ambientale: dato un paesaggio, descrivi l'effetto sulla psiche umana. Eno ha tentato un concept su ciò che gli astronauti provano mentre fluttuano senza peso, mentre osservano la Terra alla deriva, mentre si immergono nel ventre oscuro del cosmo. L'implicita ipotesi e la tesi di Eno è che siamo tutti astronauti. Condividiamo tutti i sentimenti del viaggio astrale. È il "nostro" viaggio. Il limite dell'album è che i frammenti sono brevi e inconcludenti. Lo stupore gelido di Under Stars, le lievi dissonanze di The Secret Place, la maestosa melodia di An Ending non ci portano da nessuna parte. Esistono e basta, intrappolati per l'eternità nel loro stato incompiuto. I gruppi di toni scuri che ruotano lentamente in Matta e gli altipiani lontani degli otto minuti di Stars trasmettono le emozioni più inquietanti.
Alcune tracce (in particolare Deep Blue Day e Weightless) tentano una fusione con la musica country basata sulla chitarra; che probabilmente non rientra tra le idee più brillanti di Eno.


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

I sessantun minuti di Thursday Afternoon (EG, 1985) costituiscono invece la prova più radicale di musica discreta, riallacciandosi direttamente al processo compositivo di Discreet Music ma su scala più ampia.

Ma più tipici del periodo sono i video-affreschi Two Fifth Avenue (1979) e Mistaken Memories from Mediaeval Manhattan (1980), sorta di rock-veritè che nobilita ad arte, e arte di grande suggestione, il medium appena nato della videocassetta.

Nel frattempo Eno aveva avviato un progetto parallelo con David Byrne e i Talking Heads, anche se Eno è accreditato come autore solo su My Life In The Bush Of Ghosts (Sire, 1980).

Eno ritorna alla canzone con Wrong Way Up (Opal, 1990), che è però disco prevalentemente di John Cale. Eno vi contribuisce soprattutto la musichetta esotica alla Penguin Café Orchestra di Lay My Love e il funky con canto e arrangiamento da synth- pop di Spinning Away.

Eno diede i suoi capolavori in un periodo denso di avvenimenti dal punto di vista organizzativo, ma pressoché nullo dal punto di vista creativo. Eno si è dedicato sempre più intensamente alla collaborazione con gli altri artisti della Obscure e alla scoperta di nuovi talenti americani (padrino fra l'altro degli Ultravox, dei Talking Heads, dei Devo e della no-wave), contribuendo anche in questo modo, con il suo marchio di produzione, a gettare le basi per la musica del futuro.

Negli anni '80 Eno godeva di un carisma ormai inattaccabile. Eno ha talvolta assunto l'atteggiamento di un ideologo del rock, di un messia itinerante del jet-set musicale (soprattutto newyorkese), che bada innanzitutto a tener ben desta l'attenzione dei media su di sé e ad attrarre il maggior numero di talenti nella sua sfera di influenza. La sua fama ha fatto sì che alcuni dischi in cui la sua funzione è stata praticamente soltanto quella di produttore siano stati co-intestati anche a lui, oltre che al legittimo autore (Robert Fripp, Cluster, Jon Hassell, Harold Budd, David Byrne, Roger Eno, John Cale). La partecipazione di Brian Eno a un disco è diventata un trucco marketing per fargli vendere qualche copia in più.

Il filo contorto dell'esperienza musicale di Brian Eno segue in realtà un percorso coerente, che dal consumo porta all'avanguardia.

Eno rifiuta l'appellativo di "musicista" e preferisce quello di "manipolatore di sistemi". La ragione sta in una radicale revisione del concetto stesso di musica che, parafrasando le sue stesse parole, può essere spiegato con questo paragone.

Alle origini era convinzione comune che la fotografia servisse soltanto ad ottenere ritratti a prezzi economici, e infatti i fotografi pasticciavano le fotografie in maniera tale che alla fine il loro lavoro assomigliasse a quello di un pittore, degradando volutamente la fedeltà del loro mezzo. Analogamente i primi film erano commedie teatrali, e di fatto un film non era altro che la versione itinerante di una commedia. In musica qualcosa di simile accadde quando venne inventato il disco: il potere commerciale del disco consisteva nel fatto che tutti potevano ascoltare Caruso senza doverlo andare a sentire alla Carnegie Hall.

In tutti questi casi gli operatori del settore impiegarono del tempo prima di rendersi conto che il loro mezzo poteva anche essere usato in maniera peculiare alla sua struttura, sfruttandone appieno le potenzialità. E' proprio ciò che sta accadendo nella musica: oggi si possono registrare delle musiche che non solo non hanno nulla a che vedere con ciò che viene eseguito dal vivo, ma addirittura musiche che non potrebbero mai essere eseguite dal vivo, musiche che in natura non possono esistere. La "musica" è in realtà qualcosa di molto diverso da ciò che si è inteso finora: è quella "scatola nera" che sta fra lo studio di registrazione dell'"autore" e l'hi-fi dell'"ascoltatore" (ammesso che questi termini abbiano ancora senso).

Parte integrante del progetto è la teoria "ologrammatica" della musica. Il fatto suggestivo dell'ologramma è che, se lo si spezza, ogni singolo frammento conserva l'immagine completa (anche se meno precisa), a differenza della fotografia che perde una parte di immagine se se ne strappa un pezzo. Nell'ologramma l'intera immagine è scolpita sull'intera superficie, cosicché la parte più minuscola contiene ancora l'informazione del tutto. Osservando un dipinto di pittura astratta si ha la stessa impressione: ogni frammento produce la stessa sensazione dell'insieme. Così anche con le commedie dell'assurdo (Beckett): ogni singola scena, al limite ogni singola battuta, convoglia lo stesso messaggio dell'intera piece. In entrambi i casi non cambia nulla se si toglie un frammento a caso. Eno applica la stessa strategia alla musica: ogni brano, al limite ogni pattern, dovrebbe contenere l'informazione dell'intero disco. E a questo punto poco importerebbe quali e quanti brani o pattern vi sono registrati.

Con la figura del "non-musicista" Eno ha in realtà inventato la figura del compositore elettronico moderno. Ha modificato lo standard del compositore in maniera che potesse essere una persona qualunque e ha reso il sintetizzatore artisticamente rispettabile.

Eno è anche importante in quanto rappresenta l'epitome dell'artista indipendente: non ha un complesso, non tiene concerti, non cerca scritture con le case discografiche, lo strumento di cui è virtuoso è il tape-recorder, lavora da solo nel suo studio di registrazione privato. Tutta la musica indipendente discende da lui.

Partito da fonti tanto lontane fra loro quanto la psichedelia, il music-hall e la musique concrete, Eno è pervenuto ad una sintesi storica e geniale di avanguardia e sottocultura pop. Dalla world music alla new age non c'è genere dell'avanguardia che non debba qualcosa (o tutto) a lui.

Working Backwards (EG, 1984), e More Blank Than Frank (EG, 1986), riedito come Desert Island Selection (EG, 1989), sono delle pessime antologie.


(Tradotto da Stefano Bedetti e Stefano Iardella)

Un decennio dopo My Life In The Bush Of Ghosts (Sire, 1980), Eno ha sentito il bisogno di ritornare al medesimo progetto di musica etno-tecno-funk di My Squelchy Life (Opal, 1991), un album abortito e più tardi realizzato come Nerve Net (Opal, 1992). Il tema centrale viene esplorato in differenti dimensioni. Fractal Zoom mescola i poliritmi Africani con la musica cosmica di Klaus Schulze e la disco music di Giorgio Moroder. A dispetto dell'apparenza funky, l'album si fa notare per il notevole impegno di Eno nella musica jazz. Wire Shock fa affidamento sulla forte presenza Africana (sia al canto che alle percussioni) di un derivato del jazz-rock di Weather Report. Pierre In Mist pare l'eco deformato di un assolo notturno di bebop. Il tema scherzoso di Juju Space Jazz scimmiotta la bossanova. Ali Click è una jam di funk-jazz furbetta, guidata dalle tastiere e piena di energia.
L'assillante, heavy-conga Distribuited Being evoca il latin-jazz, Don Cherry e John McLaughlin. Altrove (e sembra un album diverso), Eno è incline agli aspetti più duri, più spaesanti della musica industriale. What Actually Happened suona come un drum'n'bass ante-litteram immerso nella frenesia industrial. My Squelchy Life sovrappone mormorii new-age e la ruvida sincope della dance industriale. Web, possibilmente il pezzo più potente, è una inquietante distorsione reiterata in maniera ossessiva. L'album è stato realizzato da Eno su macchinari da studio, assemblando e montando sia suoni elettronici che strumenti elettrici. Ma termina con il definitivo atto di incoerenza, una semplice sonata per pianoforte, Decentre.

Shutov Assembly (Opal, 1992) raccoglie brani scartati del periodo che va dal 1985 al 1990.

Neroli (Opal, 1993) consiste in un'ora di musica ambient ultra-statica.


(Tradotto da Ascanio Borga e Stefano Iardella)

Spinner (Gyroscope, 1995) è una collaborazione con Jah Wobble nella quale Eno probabilmente non ha avuto un ruolo importante.

The Drop (Virgin, 1997) raccoglie 17 banali vignette elettroniche, e costituisce un punto molto basso nella carriera di Eno.
Drawn From Life (Virgin, 2001) è una collaborazione con il percussionista Peter Schwalm e un esercito di ospiti eccellenti. I risultati sono per lo più deludenti: le composizioni sono poco rivoluzionarie e poco accattivanti. I musicisti si comportano come un mucchio di intellettuali viziati che giocano col concetto di "suono" (Like Pictures).

January 07003 - Bell Studies for The Clock of The Long Now (Opal, 2003) segna, in un certo senso, un ritorno alla sua ambient music, tranne che, invece di strutturare un flusso di note di pianoforte, qui Eno manipola suoni di campane. Eno trova una corrispondenza naturale tra la sua ambient music e la "scultura sonora" elettronica. Se il concetto è un po' datato (innumerevoli musicisti d'avanguardia hanno già scoperto le "capacità ambientali" della scultura sonora) Eno riesce ancora a dargli caratteristica emozionale unica.

La nuova collaborazione con Robert Fripp, The Equatorial Stars (Opal, 2004) è un esercizio di textures digitali che aggiunge poco al canone di entrambi i compositori. Nel migliore dei casi (Lyra), Eno sta componendo il lussureggiante sottofondo per un seguito di Apollo, mentre Fripp abbandona in gran parte il suo frippertronic e assapora toni puliti e sostenuti. Questo lavoro fa sembrare Eno come un'attempata legenda (di musica rock elettronica) che cerca di raggiungere le nuove generazioni (di musica post-rock digitale) senza veramente appartenervi. Eno è stato un prodotto della convergenza tra rock progressivo e hard-rock. Eno è stato, prima di tutto, un rivoluzionario ma ancora immerso nel suono del suo periodo, che era fondamentalmente un suono "caldo", umano. Provare a reinventarsi come un mestierante (non un rivoluzionario) nel suono di un altra era (un suono che è, per definizione, glaciale e inumano) è come vendere la propria anima al diavolo per guadagnare un'immortalità fittizia.


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

Confermando di aver perso buona parte del suo genio compositivo, Eno pubblica una serie di ballate fiacche e meditabonde su Another Day On Earth (Opal, 2005). La maggior parte di queste sono francamente imbarazzanti per un compositore del suo calibro e si può insinuare siano avanzi che (come molti dei suoi ultimi lavori) si sente quasi costretto a distribuire al pubblico. Discreditandosi ulteriormente, Eno dimostra che anche le più grandi menti commettono errori quando sono loro stesse il soggetto della propria speculazione artistica.
This (citando One Word da Wrong Way Up) è forse la peggior cosa che ci sia.


(Tradotto da Marco Buffetti, modificato da Stefano Iardella)

Everything That Happens Will Happen Today (2008), la seconda collaborazione con David Byrne, è un progetto freddo e chirurgico, portato avanti da un capo all'altro dell'oceano, con pochi coinvolgimenti emotivi. Eno usa tutti i propri assi nella manica per far sembrare le canzoni di Byrne qualcosa di più di semplici ninnenanne. Piacevole ma monotono nei punti in cui la prima collaborazione, permeata dallo spirito del punk e della new wave, era stata sgradevole ma movimentata.

Small Craft on a Milk Sea (Warp, 2010) è una (in gran parte improvvisata) collaborazione con il tastierista Jon Hopkins e il chitarrista Leo Abrahams.

Drums Between the Bells (2011) è una collaborazione tra Eno (che scolpisce la colonna sonora elettronica e manipola le voci) e il poeta britannico Rick Holland (i cui testi vengono letti da amici). L'EP Panic of Looking (2011) aggiunge altre sei canzoni alla collaborazione, sostanzialmente degli scarti, la cui principale caratteristica è essere più poesia che musica.

Lux (Warp, 2012), il primo album solista di Eno dopo Another Day On Earth, apparentemente una continuazione della serie “Music for Thinking Project” (che include Discreet Music e Neroli), è una suite di 75 minuti in quattro movimenti. Il tocco magico che esibiva nei suoi album classici se n'è andato da molto tempo. La prima parte inizia come un duo da camera per un pianoforte tintinnante e un violino ronzante, ma presto i leggeri, evanescenti scarabocchi del pianoforte assumono un ruolo centrale, ed è qui che l'arte di Eno dei riflessi e delle diffrazioni in lento movimento, l'equivalente in musica degli ultimi quadri di Monet, ha occasione di brillare. La seconda parte si apre con dei droni stonati e quasi dissonanti e le timbriche stridenti rimangono sotto controllo, nonostante un tardo spostarsi nel torpore. La terza parte inizia piuttosto modestamente, ma assume via via l'andamento maestoso di un organo a canne che intona un salmo di chiesa e poi decade dolcemente in radiazioni cosmiche prive di forma. Succede davvero poco nella quarta parte. Un delicato motivo di pianoforte emerge, ma né il suo timbro, né i droni in sottofondo lo rendono particolarmente affascinante. Tutto sommato, vale la pena di ascoltare solo la prima parte. Il resto suona spesso banale, senza ispirazione e, in tutta franchezza, brutto.


(Tradotto e integrato da Stefano Iardella)

Someday World (Warp, 2014) e High Life (Warp, 2014) sono state due collaborazioni con Karl Hyde degli Underworld. Il primo è stato l'album peggiore della sua vita, una raccolta di canzoni inette. Alcune (come The Satellites e Man Wakes Up) sembrano scarti di Taking Tiger Mountain By Strategy (1974) di Eno e almeno uno suona come un'imitazione di Peter Gabriel (Who Rings The Bell). Quest'ultimo contiene solo sei canzoni. Return suona come se gli U2 cantassero una delle loro magniloquenti ballate al rallentatore. Time to Waste It sembra un tiepido tributo dalle sfumature africane a My Life in the Bush of Ghosts di David Byrne. Lilac suona come una rivisitazione piuttosto banale della musica techno degli Underworld contaminata con il tipo di ripetizione minimalista dalle sfumature esotiche che Eno impiegò con i Talking Heads. Quell'epoca è meglio evocata nel funky epilettico di Molded Life, il momento più energetico dell'album.

The Ship (Warp, 2016) contiene due composizioni ambiziose, e sono altri due fallimenti. Inizialmente, i 21 minuti ondulati di The Ship sembrano più vicini alla visione cosmica Irrlicht di Klaus Schulze che alla statica non-visione di Eno Music For Airports: è musica che vaga attraverso lo spazio galattico. Tuttavia, laddove Schulze era tragico e wagneriano, Eno è la sua controparte "leggera": una dolce colonna sonora per un film di fantascienza. Poi le cose peggiorano quando Eno inizia a cantare una sorta di mantra Zen con una lugubre voce di basso. La coda è la cosa migliore, poiché la musica fluttua via in un paesaggio da sogno. Fickle Sun in tre movimenti è un'idea confusa. Il primo movimento è una canzone di 18 minuti che sembra improvvisata da un adolescente su un laptop assemblando idee amatoriali trovate casualmente sull'hard disk. L'album si conclude con una cover di I'm Set Free dei Velvet Underground, una delle loro peggiori canzoni di sempre. Qualcuno avrebbe dovuto dire a Eno di smetterla di distruggere la sua reputazione.

Il pezzo di 54 minuti di Reflection (Warp, 2017) era apparentemente solo un esempio della musica che gli utenti potevano generare sul proprio computer con un'applicazione chiamata "Reflection" che produce uno streaming live senza fine. Nell’era dell’intelligenza artificiale, con i programmi per computer già in grado di generare ogni tipo di musica pop e non pop, questo suonava terribilmente obsoleto. Fortunatamente la musica era migliore del previsto, visti i precedenti nel catalogo di Eno degli ultimi tempi. Il contrappunto tra rintocchi e sintetizzatori funziona per un po', ma poi diventa un po' troppo intelligente per questo tipo di musica, come se Eno cercasse di trovare un modo per renderlo ancora attuale 40 anni dopo. Non è la poesia creata dal pianoforte di Wyatt in Music For Airports, ma la scienza creata da un computer nel salotto di Eno.

Music for Installation (2018) è una particolare retrospettiva su cofanetto da 6 dischi.

Nel frattempo Eno aveva iniziato anche la carriera di artista visivo, seppure ancora legata alla musica, con Natural Selections a Milano (1990). Nel gennaio 2019 ha debuttato con la sua installazione audiovisiva site-specific su larga scala 77 Million Paintings, originariamente un DVD per "musica visiva" su personal computer del 2006.

L'album Mixing Colours (Deutsche Grammophon, 2020), registrato in un arco temporale di quindici anni, è la prima e finora unica collaborazione tra Brian Eno e il fratello Roger Eno.

Brian Eno ha raggiunto un nuovo minimo con Secret Life (Text, 2023), una collaborazione con il DJ e cantautore Fred Again (Fred Gibson).


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